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Perchè una madre uccide il proprio figlio?


In aumento, in Italia, i crimini commessi dalle madri contro i propri figli:145 dal 2000 al 2007 gli omicidi, con una media di 20,7 all’anno. Quasi la metà degli episodi si registra nel Nord Italia, soprattutto in Lombardia e a Milano. I numeri del dramma sono stati fotografati oggi all’ospedale materno-infantile Macedonio Melloni del capoluogo lombardo. L’azienda ospedaliera Fatebenefratelli, cui fa capo il presidio di via Melloni, con il suo Centro depressione donna ha stretto infatti un’alleanza ad hoc con l’assessorato comunale alla Salute. Opuscoli, incontri e progetti ‘in fieri’ contro l’emergenza.
Ma cosa spinge una madre a uccidere il figlio? “Nel 38,7% dei casi una malattia psichiatrica - spiega Alessandra Bramante, criminologa e psicologa del Centro depressione donna del Fatebenefratelli - nel 10,4% una conflittualità di vario tipo, nel 7,1% un maltrattamento, nel 6,1% una situazione di abbandono o trascuratezza”. A volte la mamma è spinta da ‘pietatis causa’, ossia da un intento simile a quello che anima l’eutanasia. Infine, “i problemi economici ‘pesano’ per l’1,8% del totale”. Secondo gli esperti, figlicidi e neonaticidi per mano materna prevalgono nelle famiglie con un buon livello di istruzione e di reddito. “Soldi e cultura non c’entrano - commenta l’assessore milanese alla Salute, Giampaolo Landi di Chiavenna - come pure non bisogna puntare il dito contro la cosiddetta società globalizzata e consumistica, se è vero che i numeri attuali sono pari a quelli degli anni ‘70″.
“Insonnia, deliri, allucinazioni, precedenti di psicosi in famiglia e morte di un proprio caro”. Questi, elenca Bramante, i principali fattori di rischio che possono sfociare in cronaca nera. “L’arma chiave si chiama prevenzione - afferma Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Salute mentale del Fatebenefratelli - perché il ‘fulmine a ciel sereno’ non esiste”. Esistono piuttosto segnali di disagio da intercettare, aggiunge, campanelli d’allarme fra cui spicca la depressione post-partum: “Più del 10% delle neomamme presenta un disturbo depressivo - avverte il medico - e lo 0,1% sviluppa una psicosi vera e propria”. E cosa rende la Lombardia e Milano aree più vulnerabili? “Nella nostra città il 60,1% delle donne lavora e il tasso di natalità è complessivamente buono (1,4 figli per donna, contro una media nazionale di 1,34) - ricorda lo specialista - Essere madri e lavoratrici nello stesso tempo è possibile, ma in una società in cui la famiglia allargata si è persa e i nonni ‘baby-sitter’ sono un lusso per pochi, urgono politiche di supporto alle giovani coppie”. La certezza di una casa, asili, nidi aziendali, un lavoro flessibile, ma sicuro: “Tutti elementi indispensabili a uno Stato moderno, su cui mi impegno a lavorare in prima persona”, promette Landi.
Secondo uno studio condotto da Alessandra Bramante dal 1958 al 2007 i casi di mamme assassine sono stati in Italia 814, per un totale di 971 baby-vittime. Degli 814 episodi 211 sono neonaticidi (bebè ucciso entro il primo giorno di vita) e 603 i figlicidi (dal primo giorno di vita in poi). La madre uccide il figlio appena nato soffocandolo, oppure gettandolo dalla finestra (per i figli più grandi). Il 48% dei figlicidi e il 18% dei neonaticidi (quasi uno su 5) avvengono nel Settentrione, e i più colpiti sono i bimbi da zero a 6 anni. Nel 1958-59 i casi sono stati 40 (in media 20 all’anno), negli anni ‘60 sono stati 238 (23,8 ogni anno) e negli anni ‘70 in tutto 205 (20,5 l’anno); si scende poi ai 113 casi degli anni ‘80 (11,3 all’anno) e ai 73 degli anni ‘90 (7,3), per poi ‘rimbalzare’ ai livelli di trent’anni fa con il dato dei primi 7 anni del Duemila.


 

La Leche League Lazio
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