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 Bambini e pubblicità: guerra allo spot
 

Giocattoli. Merendine. Scarpe. Vestiti.  La pubblicità non risparmia niente e nessuno. Neanche i più piccoli che – con gli occhi sbarrati davanti alla televisione - sono davvero indifesi di fronte a spot raffinatissimi che invitano a comprare, comprare e solo comprare. Ditte che “sfruttano le insicurezze dei genitori e dei figli” per proprio tornaconto commerciale. Reti televisive che se ne infischiano delle leggi e dei codici di comportamento firmati proprio per garantire i più piccoli. 
I genitori denunciano. La Comunità europea fa sorveglianza e qualche volta interviene pesantemente.
Da Bruxelles, le ditte che producono giocattoli aspettano con una certa trepidazione il risultato di uno studio sull’impatto della pubblicità sui bambini . La Comunità europea, infatti, è stata chiamata a mettere ordine in una faccenda che si presenta alquanto intricata. In Grecia, sono state bandite dai programmi televisivi le pubblicità dei giocattoli. Fanno male ai giovani telespettatori, hanno detto ad Atene. I costruttori di giocattoli stranieri, però, sospettano che il provvedimento sia stato preso solo per favorire i produttori locali di balocchi che non hanno bisogno del messaggio televisivo per arrivare ai giovani consumatori.
In Gran Bretagna, la Kellog  - la multinazionale dei corn flakes – è stata accusata dall’ASA (l’ente di sorveglianza sulla pubblicità) di “sfruttare le insicurezze dei genitori e dei figli” per proprio tornaconto commerciale. In uno spot della Kellog, infatti, si sostiene che mangiare cereali a colazione evita ai bambini grassi di essere presi in giro dai compagni si scuola.
In Italia, infine, sembrano non avere alcuna risposta le proteste dei genitori contro Mediaset che interrompe i cartoni animati per infilarci la pubblicità Il programma in questione è Game Boat trasmesso alle 19.30 su Retequattro 
La legge122 dell’aprile ’98 articolo 3, comma 5, dice  che i programmi per bambini di durata inferiore a 30 minuti non possono essere  interrotti dalla pubblicità Ma l’ostacolo viene facilmente raggirato – dichiara Gualtiero Peirce sul La Repubblica – allungando i programmi: basta prendere due cartoon di mezz’ora, incartarli dentro un unico programma e a quel punto il limite è oltrepassato e ci si possono infilare  gli spot. E’ uno scherzetto molto serio – aggiunge – perché il mercato pubblicitario rivolto ai bambini è stimato in circa 200 miliardi, soldi versati soprattutto dai giocattolai che – guarda caso – spesso producono proprio pupazzi dei personaggi dei cartoon. 

Giacomino n.3 del 15 novembre 1998

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