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Tutto quello che c'è da sapere sui prodotti transgenici
di Patrizia Mencarani

Che cosa è una pianta transgenica ?

E’ una pianta da cui è stato estratto un gene, manipolando così il suo patrimonio genetico  tale da conferirle  nuove  proprietà come la tolleranza agli erbicidi, la capacità di produrre una tossina  che uccide gli insetti nocivi  per la pianta, la caratteristica di ritardare il processo di maturazione per migliorare la possibilità di conservazione. 
C’è pure, però,  chi chiede cautela nel lanciare sul mercato internazionale prodotti modificati geneticamente ancora troppo poco conosciuti.
Secondo Hiltrud Breyer, membro del gruppo Verde al Parlamento europeo, che ha scritto “I geni del male” dati e riflessioni sull’ingegneria genetica  “se gli alimenti di cui ci cibiamo provengono da un laboratorio genetico è ovvio che hanno perduto del tutto la loro genuinità, poiché una farina di mais ibridizzato o un pomodoro transgenico hanno delle caratteristiche non naturali , ma semplicemente programmate in laboratorio e prodotte con modificazioni genetiche . Inoltre, con queste nuove tecniche le sostanze alimentari  di cui l’organismo umano necessita non vengono più assunte nella loro combinazione naturale, bensì isolate l’una dall’altra, manipolate , consumate come tessere di un’improbabile mosaico. I pericoli che queste tecniche comportano per il nostro fisico sono ancora tutte da dimostrare, ma in ogni caso i diversi problemi ancora  aperti non lasciano presagire nulla di buono. Già oggi, infatti, si riscontrano effetti collaterali legati soprattutto alla tossicità , all’insorgenza di allergie, all’azione cancerogena di talune sostanze, all’alterazione dei valori nutrizionali e a diversi disturbi della digestione”.
 
 

Quali le piante transgeniche in Italia?
 

L’Italia è la seconda, dopo la Francia, per la sperimentazione delle piante geneticamente modificate. Da soli i due paesi coprono circa il 50% delle sperimentazioni europee. In particolare, la Francia ha richiesto 392 autorizzazioni (il 31%), mentre l’Italia 206 (16,3%). Nella classifica europea di apertura ai vegetali transgenici, resa nota dalla Monsanto, una delle aziende leader del settore, al terzo posto c'è la Gran Bretagna con 167 domande (13,2%), Austria e Irlanda sono, invece, le nazioni che hanno fatto domanda per meno autorizzazioni, rispettivamente 3 e 4.
In Italia, sono 16 le piante che dal 1992 sono state autorizzate alla sperimentazione in campo. Soprattutto si tratta di  mais, resistente agli insetti, a virus e diserbanti, pomodoro, resistente a virus, insetti e funghi, a ritardata marcescenza e tollerante della siccità  e super bietola. Decisamente inferiori le sperimentazioni per la super-soia, sotto accusa per arrivare sotto forma di lecitina in dolci e merendine. Sperimentazioni sono state avviate anche per molti ingredienti della nostra cucina, come cicoria, melanzane, fragole, ecc.
 Sono oltre 200 , attualmente, le aziende che in Italia si sono specializzate nello sfruttamento delle biotecnologie con un giro d’affari di 1.300 miliardi di lire.
Secondo alcuni scienziati, però, i campi di culture geneticamente modificate rappresentano un pericolo per la dispersione a largo raggio del polline di piante trattate che potrebbe ‘contaminare’ i semi tradizionali. Numerosi paesi europei hanno intrapreso azioni ufficiali in questo senso.  In Inghilterra e in Danimarca vi è una sospensione della sperimentazione. In Francia, gran parte dell’ultimo raccolto di mais è stato ‘segregato’ , ovvero, separato per evitare rischi di contatto con quello non geneticamente manipolato.
E’ l’Emilia Romagna la regione italiana  a più alta concentrazione di sperimentazione con i transgenici in agricoltura.
I controlli sul rispetto delle regole sono affidati al ministero della Sanità. In particolare i campi biotecnologici  dovrebbero essere separati di 200 metri dalle normali colture. Ma secondo un’indagine  condotta dal mensile il Salvagente, questo non avviene quasi mai.
 

La direttiva europea

Dopo una maratona negoziale durata due giorni, lo scorso 25 giugno i ministri dell’Ambiente dei 15 paesi della Ue hanno adottato un nuovo progetto di direttiva sui prodotti transgenici, i cosittetti Ogm.  Undici paesi Ue si sono pronunciati inoltre in due documenti per una ‘pausa’ nell’introduzione sul mercato di nuovi organismi geneticamente modificati.
Solo Regno Unito, Irlanda, Spagna e Portogallo non hanno firmato i due documenti. Il progetto di nuova direttiva Ue - che ora passa all’esame dell’Europarlamento - prevede, in particolare, l’obbligo di indicare la presenza degli Ogm sulle etichette dei prodotti, una valutazione più severa dei possibili rischi per la salute o l’ambiente  prima dell’autorizzazione di commercializzazione e la ricostruzione del percorso dell’Ogm fino al piatto dei consumatori.
Più severa e vincolante rispetto a quella del 1992, è stata approvata con l’astensione dell’Italia, della Grecia e della Francia che avrebbero voluto, invece, una moratoria, ovvero una sospensione completa del commercio dei transgenici, fino alla entrata in vigore della stessa normativa, prevista nel 2001.
 
 
 
 
 
 

No del governo ai ‘poppanti transgenici’’
 

Per lattanti e bambini fino ai tre anni di età niente pappe geneticamente modificate. Lo ha deciso un Dpr (128/1999) che ha riscritto la disciplina degli alimenti per l’infanzia , latte escluso.
Sulle confezioni deve essere indicata l’età a partire dalla quale il prodotto può essere modificato, ma in nessun caso sotto i quattro mesi.
Deve essere indicata anche la presenza o assenza di glutine, se il prodotto è consigliato, a partire da un’età inferiore ai sei mesi, oltre a una dettagliata etichettatura nutrizionale.
Prescrizioni ancora più dettagliate riguardano la composizione per gli alimenti dell’infanzia, che sono stati suddivisi in quelli a base di cereali  e negli altri, principalmente a base di cibi proteici.
Nei succhi di frutta o di verdura, per esempio, devono esserci almeno 25 milligrammi di vitamina C per ogni 100 grammi di prodotto e almeno 100 microgrammi di vitamina A per ogni 100 calorie.
Il commercio dei prodotti non conformi alle nuove norme è consentito fino al 27 agosto, oppure fino a 31 dicembre, secondo il grado di non conformità.