Medicina

Qualcosa si può fare per i bambini che non possono guarire

Thursday, 27/9/2007

Firmato un protocollo di intesa tra il Ministero della Salute e la fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio Onlus sulle cure palliative pediatriche

A Roma, mercoledì 26 settembre,  è stato firmato il protocollo di
intesa tra il Ministero della Salute e la Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio Onlus per la realizzazione di un
programma nazionale di cure palliative pediatriche.

Un passo di grande importanza che segna una svolta nel
panorama delle cure palliative pediatriche.
In Italia ci sono circa 11 mila casi di malati inguaribili e
terminali in età pediatrica: neonati, bambini,
adolescenti. Ogni anno circa mille di essi muoiono.
Scopo del protocollo è la creazione, in tutte le Regioni
italiane, di una rete di assistenza per i bambini affetti da
malattie inguaribili. Si va dal potenziamento
dell’assistenza domiciliare all’apertura di hospice
pediatrici, dalla formazione professionale per il personale
medico e paramedico alla promozione della ricerca
scientifica, alla creazione di un osservatorio nazionale per
le cure palliative.

Da circa dieci anni la Fondazione Maruzza con il suo Progetto Bambino, si impegna affinché venga
garantito al maggior numero possibile di bambini il diritto
alle cure palliative. Significa prendersi carico totale del
bambino  e della sua famiglia, dall’assistenza medica a
quella psicologica e spirituale.   Un impegno importante. Il
bambino malato - infatti - necessita di un’assistenza
specifica ed altamente specializzata, ma ha diritto ad
essere assistito in casa, nel suo ambiente e tra le persone
care e, qualora ciò non sia possibile, in hospice
dedicati.

La firma del protocollo è un traguardo essenziale per il
lavoro e l’ impegno della Fondazione. E sottolinea ancora
una volta l’imprescindibile sostegno, la partecipazione e
la sensibilità del ministro della Salute Livia Turco  in
questo doloroso capitolo delle famiglie italiane..

Psichiatria infantile: firmata la Carta europea a Firenze. Proteste contro l’uso e l’abuso di psicofarmaci

Saturday, 1/9/2007

Il 24 agosto è stata firmata a Palazzo Vecchio la prima “Carta europea per i diritti ed i doveri per la tutela della salute mentale dei bambini e degli adolescenti” nel corso del “XIII Congresso Internazionale dell’ESCAP” (25-29 agosto 2007)
I firmatari della dichiarazione sollecitano gli stati dell’Unione europea ad unire gli sforzi e le risorse economiche per migliorare il livello delle cure primarie con la definizione di un formulario europeo per la regolazione dell’uso degli psicofarmaci nel trattamento di bambini e adolescenti

Anche il ministro per le politiche giovanili e le attività sportive Giovanna Melandri ha inviato un messaggio di saluto ai partecipanti al congresso.
La “Dichiarazione di Firenze” è stata firmata dalle più importanti istituzioni scientifiche della psichiatria e della psicologia clinica infantile dei Paesi dell’Unione Europea: Matt Muijen (della World Health Organization - Regional Office for Europe), Ernesto Caffo (European Academy of Child and Adolescent Psichiatry), Eugenio Giani (assessore alle relazioni internazionali del Comune di Firenze), Luigi Nigi (assessore alle politiche dell’ambiente e del territorio della Provincia di Firenze).
Alla vigilia del XIII Congresso internazionale, l’European Society for Child and Adolescent Psychiatry (Escap), venerdì 24 agosto alle ore 18, a Palazzo Medici Riccardi, sede della Provincia di Firenze, ha premiato il professore emerito Giovanni Bollea, fondatore della Neuropsichiatria infantile, primo presidente italiano dell’Escap, nonché organizzatore del Congresso internazionale del 1963. Così l’Escap ha voluto riconoscere i meriti scientifici, il ruolo e l’influenza del prof. Bollea nella comunità scientifica internazionale.

Sono oltre 11 milioni le richieste di aiuto che giungono in media ogni anno alle diversi linee telefoniche destinate ai bambini. Le stime sono di ‘Child Helpline International’, il network che comprende le linee telefoniche per bambini e adolescenti di tutto il mondo. I dati sono stati forniti durante il Symposium organizzato da Telefono Azzurro durante il XIII Congresso Europeo di Psichiatria Infantile.
  “Le linee telefoniche rappresentano uno strumento efficace per la tutela della salute mentale nell’infanzia e nell’adolescenza”, dichiara Thomas Mueller, a margine del simposio. “Lo dimostra il fatto che, solo nel 2005, anche se il primo motivo di chiamata resta sempre l’abuso, ben il 10% di oltre 1.350.000 chiamate ricevute dalle linee telefoniche europee fa riferimento a casi legati alla salute mentale”.
  Nell’ottica di armonizzare i servizi di utilita’ sociale in tutta Europa, la Commissione Europea ha optato per la creazione di una serie di numeri telefonici comuni che rimandino ad un’assistenza coordinata. Tra le priorita’ identificate in prima battuta, il numero unico di helpline per bambini, 116 111, ed il numero unico dedicato alla segnalazione di minori scomparsi, 116 000, che saranno disponibili nei vari Paesi europei a partire dal prossimo anno. Nei primi 4 mesi del 2007 sono stati effettuati dal 114 complessivamente 519 interventi in emergenza, con una media di circa 130 interventi al mese, vale a dire 4 al giorno. Il maggior numero di chiamate e’ pervenuto dalla regione Lazio, seguono nell’ordine Lombardia e Campania. Se maschi e femmine sembrano coinvolti in egual misura nelle situazioni di emergenza o di disagio (da gennaio 2007 i maschi sono stati il 50,6% e le femmine il 49,4%), in relazione alla classe di eta’ le segnalazioni pervenute al 114 riguardano per lo piu’ i bambini di eta’ compresa tra 0 e 10 anni.Quasi un bambino su quattro segnalato al 114 e’ straniero.
  La principale tipologia di emergenza per cui il 114 e’ stato chiamato e’ l’abuso nelle sue diverse forme (psicologico, fisico, sessuale, patologia della cura).
  Per quanto riguarda le “altre problematiche” per cui viene contattato il Servizio 114, e’ la piu’ frequente e’ il disagio riportato in seguito alla “separazione dei genitori” (12%). Il presunto responsabile della situazione di pregiudizio/pericolo per il minore e’ nel 36% dei casi la madre, quindi il padre nel 35% dei casi segue l’educatore nel 5% dei casi.

La protesta di Comitati e Associazioni

 In occasione del 13° Congresso Internazionale della Società Europea di Psichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (ESCAP) un migliaio di rappresentanti del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus, del Movimento Umanista di Firenze e dell’associazione “Genitori separati dai figliâ€? hanno marciato per le strade di Firenze per protestare “contro le false etichettature e l’uso ed abuso di psicofarmaci nei bambini”.

In Italia - sostengono i promotori della marcia - sono stati recentemente censiti ben 82 centri clinici, per la diagnosi del DDAI (Disturbo del Deficit di Attenzione e Iperattività - ADHD) e autorizzati alla somministrazione di psicofarmaci.

Questo “disturbo” è inserito nel libro psichiatrico più autoritario dei giorni nostri: il Manuale Diagnostico Statistico delle malattie mentali (DSM I-V) che, a prescindere dall’altisonante titolo, non è nient’altro che un elenco di disturbi votati per alzata di mano. Un metodo sicuramente molto democratico ma per niente scientifico.

I rappresentanti delle associazioni di protesta sostengono che “la psichiatria, senza solide basi scientifiche, sta medicalizzando il comportamento dei bambini, sostituendosi alla famiglia e agli educatori, impedendo di risolvere i reali problemi con false diagnosi e trattamenti estremamente pericolosi, sia dal punto di vista fisico che mentale, per il futuro del bambino”.

Il Vice presidente del CCDU Massimo Parrino ha detto: “Bisogna rendersi conto che etichettando il bambino come malato mentale si viola il suo Diritto Fondamentale alla vita. Il suo diritto di sperimentare, crescere e sviluppare il suo pensiero responsabile nei confronti della società stessa. Con questa etichetta mentale insegniamo ai bambini che il loro comportamento deriva dalla ‘malattia’ e li rendiamo irresponsabili e incapaci di reagire alle loro difficoltà dato che l’etichetta li giustifica. Che cosa insegneremo ai nostri bambini: una pillola, ora e nel futuro, risolve e risolverà il tuo problema di comportamento. Questa è la vera violazione dei loro Diritti Fondamentali.�

Alla marcia era presente anche il del dott. Giorgio Antonucci:”Un medico dovrebbe curare una persona. La psichiatria invece, con le sue pratiche quali castrazione, lobotomia, elettroshock, torture e psicofarmaci,danneggia la salute delle persone violando il loro diritto ad avere un libero pensieroâ€?.

Giornata mondiale senza tabacco. Livia Turco:vietare la vendita ai minori

Thursday, 31/5/2007

“Gli italiani continuano a fumare, anzi, fumano di più, passando da una media di 13 sigarette al giorno consumate nel 2006 ad una di 14 nel 2007. Il “problema fumo”? dunque è ancora presente nel nostro Paese ed è un’ “emergenza”? che riguarda 12 milioni di italiani, di cui un milione e 200mila giovani tra i 15 e i 24 anni e ben 130mila giovanissimi tra i 15 e i 17 anni di età”. Lo afferma Enrico Garaci, Presidente dell’ISS, in occasione del Convegno “Tabagismo e SSN” tenutosi a Roma il 31 maggio.

“In assoluto il fumo di tabacco è la principale causa di malattie e di morti evitabili - dichiara Piergiorgio Zuccaro, direttore dell’ Osservatorio Fumo, Alcol e Droga dell’ISS - e la dipendenza che provoca è il vero motivo per cui in Italia il 27,9% degli uomini e il 19,3% delle donne sono fumatori. Il fumatore con una sola sigaretta inserisce nel proprio organismo più di 4000 sostanze, molte di queste tossiche e cancerogene (ammine aromatiche, benzene, piombo, cadmio, N-nitrosammine, idrocarburi policiclici aromatici). Per questo motivo possiamo affermare che il fumo è la droga che provoca più morti ed è sempre tagliata male?.

Sono più di un milione e duecento mila i giovani fumatori in Italia, vale a dire il 19,9% nella fascia d’età che va dai 15 ai 24 anni. E le percentuali aumentano al crescere dell’età: si ha il 7,4% di fumatori tra i 15 e i 17 anni, il 23,5% tra i 18 e i 20 anni e il 25,9% tra i 21 e i 24 anni. La prima sigaretta viene accesa prima dei 15 anni nel 26,6% dei casi, più dalle ragazze che dai ragazzi, ma la maggior parte dei giovani (58,2%) inizia a fumare tra i 15 e i 17 anni e solo il 14,1% tra i 18 e i 24.
I dati Iss-Doxa rivelano inoltre che non hanno mai fumato il 76,2% dei giovani e che gli ex fumatori sono il 4%. La percentuale dei giovani fumatori è minore nelle regioni del Sud e nelle Isole (17,9%), mentre al Nord e al Centro la quota è rispettivamente del 21,7% e del 21,4%. Rispetto agli adulti i giovani fumano al giorno meno sigarette: 10 contro 14.
Nell’indagine è stata valutata anche l’intenzione a smettere di fumare e i risultati mostrano che solo il 10,2% pensa seriamente di abbandonare il vizio del fumo nei prossimi 6 mesi, ma nessuno dei giovani si rivolge al medico di base per smettere di fumare: soltanto l’1,9% ha dichiarato di aver chiesto aiuto.
L’indagine rivela anche che i giovani vogliono essere informati sul contenuto di tutte le sostanze: l’84,3% dei ragazzi è favorevole all’indicazione sui pacchetti di sigarette dei livelli anche di altre sostanze, non soltanto di nicotina, catrame e monossido di carbonio. Neppure il divieto di fumare nei luoghi pubblici ha influito sulle abitudini dei ragazzi: il 76,2% ha dichiarato di non aver modificato per nulla l’abitudine al fumo, il 10% ha ridotto il numero di sigarette ma poi ha ripreso come prima e soltanto il 7,8% ha veramente ridotto i consumi.
I giovani preferiscono acquistare pacchetti di sigarette da 10. Questo è legato alla loro minore disponibilità economica: il 60% spende meno di 15 euro a settimana contro il 47% degli adulti. Nel caso in cui il prezzo delle sigarette dovesse salire a 5 euro, il 15,5% dichiara che smetterebbe e il 43,7% che ridurrebbe il numero di sigarette.
Riguardo ai canali distributivi i giovani più degli adulti comprano le sigarette dai distributori automatici e la percentuale di sigarette offerte dagli amici è più alta che negli adulti: 4% contro 1,2%: segno che tra i giovani vale la solidarietà anche in fatto di fumo. Inoltre, sanno che il tabaccaio non controlla l’età dell’acquirente: l’84,8% dei giovani tra i 15 e i 24 anni dichiara di non aver mai visto un tabaccaio chiedere un documento per verificare l’età.
Infine, ma non meno importante, l’11% dei giovani fuma alla guida della moto e il 26% alla guida dell’auto.

Il fumo tra la popolazione generale
In Italia fumano poco meno di 12 milioni di persone (23,5% della popolazione di 15 anni e oltre), di cui 7 milioni di uomini (27,9%) e 5 milioni di donne (19,3%). Erano il 25,6% nel 2005 e il 24,3% nel 2006 con una diminuzione dello 0,8% nell’ultimo anno. Ciononostante, il numero medio di sigarette fumate al giorno è aumentato: da 13,6 a 14,1.
Gli ex fumatori sono 8,8 milioni (17,5%), di cui 5,4 milioni maschi (22,6%) e 3,4 milioni femmine (12,8%). I non fumatori sono circa 30 milioni (59%), dei quali 12 milioni di uomini (49,4%) e 17,8 milioni di donne (67,9%).
La classe d’età con il maggior numero di fumatori è quella tra i 25 e i 44 anni sia per gli uomini che per le donne, con percentuali rispettivamente del 36,5% e del 29,3%.
Rispetto all’area geografica si fuma di più al Centro, 31,4% (35% di uomini e 28,2% di donne), poi al Sud, 20,5% (28,8% di uomini e 17,3% di donne) e infine al Nord, 22,9% (24,3% di fumatori e 17% di fumatrici).

Le abitudini
L’87,7% dei fumatori evita di fumare nella camera da letto. Nessun problema, invece, se si è alla guida di un’automobile: il 61,9% fuma in macchina. Più prudenti i motociclisti: il 44,4% evita di accendere la sigaretta, l’8,9% non si fa alcun problema e il 46,7% non va sulle due ruote. Tuttavia il 37% pensa che fumare alla guida aumenti molto il rischio di incidenti.
Tra i giovani fumatori l’86,5% dichiara di fumare fuori dai locali pubblici, il 70,1% a casa e il 48,8% fuori dalla scuola o dall’università. Il 73,6% fuma soprattutto in compagnia. Quasi tutti concordi, invece, sulle conseguenze dannose del fumo passivo: il 95% degli italiani è consapevole dei rischi che si corrono respirando il fumo prodotto dalle sigarette di altri.

I costi
Sono soprattutto gli uomini a spendere di più per l’acquisto delle sigarette: il 27% dei maschi fumatori spende più di 25 euro a settimana. In totale la fascia d’età in cui si comprano più pacchetti (più di 25 euro a settimana) è quella tra i 25 e i 44 anni. Più dell’86% dei fumatori acquista più spesso i pacchetti da 20 sigarette e se il prezzo minimo di un pacchetto aumentasse a 5 euro il 32,3% fumerebbe di meno e il 9,5% smetterebbe del tutto, quindi più di un terzo dei fumatori (41,8%) cambierebbe le proprie abitudini.

I tentativi di smettere
Gli ex fumatori, quindi le persone che hanno provato a smettere e ci sono riuscite, costituiscono il 17,5%. Fra gli attuali fumatori il 30,5% ha fatto almeno un tentativo di smettere senza però ottenere risultati soddisfacenti. Infatti il 26,3% ha smesso per qualche mese, il 23,1% soltanto per qualche giorno, il 20,7% per qualche settimana, il 13,7% per qualche anno. Una piccola percentuale, pari al 4,9% ha ridotto il consumo e ora fuma meno. Tra quelli che hanno tentato di smettere l’85% lo ha fatto senza alcun tipo di supporto, il 10,7% ha usufruito di un supporto farmacologico, il 2,4% ha avuto un supporto sia psicologico che farmacologico, l’1,9% ha fatto ricorso soltanto al supporto psicologico. Anche gli ex fumatori sono riusciti a smettere senza alcun tipo di aiuto (il 95,6%).
La maggior parte degli ex fumatori ha smesso più di 20 anni fa (il 27%). Invece gli ex fumatori “recenti�? (ultimi tre anni) dichiarano che il divieto di fumare nei luoghi pubblici e sul luogo di lavoro non ha influito per nulla sulla loro scelta (il 56,4%). Tra i motivi di cessazione svetta al primo posto la salute (il 41,3%) e la consapevolezza dei danni provocati (il 30,7%), seguono la gravidanza e nascita di un figlio (7,9%) e l’imposizione di un familiare (5,7%).
Il 96% non chiede aiuto al medico di base per smettere di fumare.
Il 48,1% si dice molto favorevole all’indicazione sui pacchetti di sigarette anche di altre sostanze, oltre ai livelli di nicotina e catrame.
La maggior parte dei fumatori (l’83,9%) dichiara, inoltre, che da quello che ha osservato negli ultimi tre anni il divieto di fumare nei luoghi pubblici è rispettato. Il 71,8% dichiara che anche sul luogo di lavoro il decreto è rispettato in modo rigoroso. Tuttavia nonostante i divieti l’82,8% dei fumatori dichiara di non aver modificato le proprie abitudini dopo l’entrata in vigore della legge, soltanto lo 0,9% ha smesso di fumare.

I servizi
I servizi territoriali per la cessazione dal fumo non mancano: 185 al Nord (53,5%), 81 al Sud (23,4%) e 80 al Centro (23,1%). I fumatori che non ricorrono all’aiuto del medico di base per smettere di fumare possono rivolgersi ai centri antifumo. In Italia i servizi per smettere di fumare sono attivi presso strutture del Servizio Sanitario Nazionale e del privato sociale in tempi e modi variabili.
L’Osservatorio Fumo, Alcol e Droga dell’Istituto Superiore di Sanità, sin dal 2000 porta avanti un lavoro di censimento delle strutture, in collaborazione con il Ministero della Salute e il Gruppo tecnico sul tabagismo delle Regioni e Province autonome, mettendo a disposizione le informazioni raccolte attraverso la costituzione di un elenco di Centri Antifumo consultabile online sul sito dell’OssFAD (www.iss.it/ofad) e del Ministero della Salute (www.ministerosalute.it). Lo scopo è quello di facilitare l’accesso alle strutture da parte degli utenti, agevolando e riducendo i tempi d’incontro tra domanda e offerta. Nel 2006 il numero totale dei Centri censiti è pari a 346 di cui 266 (il 76,9%) afferenti al Servizio Sanitario Nazionale e 80 (il 23,1%) alla LILT (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori). Rispetto al 2005 si registra un aumento dei Centri Antifumo del 4,8%, corrispondenti a 16 Centri in più sul territorio.

La prevenzione
Secondo il 42,8% degli adulti tra le iniziative che lo Stato dovrebbe attuare per combattere il tabagismo e convincere i giovani a non iniziare al primo posto spicca l’educazione nelle scuole. Il 29,2% ritiene che aumentare il prezzo sia un buon deterrente per non iniziare, il 26,6% che si dovrebbe rendere più difficile l’accesso alle vendite ai minorenni e il 23,2% che ci dovrebbero pensare le famiglie. All’85,1% degli adulti non è mai capitato, inoltre, di vedere un tabaccaio che si rifiuta di vendere le sigarette ad un minore di 16 anni o che chiede un documento per verificare l’età.

Le morti per fumo
Quasi 5 milioni di persone sono morte nel mondo a causa del fumo, la “prima causa di morte facilmente evitabile”?. Rimanendo in Europa, l’OMS ha stimato in 1,2 milioni i decessi che ogni anno sono attribuibili al tabacco. Il 20%, inoltre, di tutte le morti sono da correlare al fumo di sigaretta. Di queste il 35% è dovuto a tumori, il 56% a malattie cardiovascolari e respiratorie, il 9% ad altre cause (sempre fumo-correlate). Restringendo il campo e guardando all’Italia sono 80 mila i decessi attribuibili al fumo ogni anno, praticamente il 14,2% di tutte le morti. La previsione dell’OMS è che, se non saranno adottate misure efficaci, le morti attribuibili al fumo potranno divenire 8,3 milioni nel 2030 e l’80% delle vittime si registrerà nei paesi a reddito medio e basso. Sempre secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il tabacco uccide più dell’Aids e della droga e nel 2015 le morti dovute al tabacco saranno il 10% del totale e supereranno del 50% quelle causate dall’Aids.

In Italia più del 34% di tutte le cause di morte attribuibili al fumo di sigaretta colpisce soggetti di 35-69 anni. Inoltre, coloro che muoiono a causa del tabacco perdono in media 13 anni di speranza di vita, mentre nella mezza età gli anni di vita perduti salgono a 22.
Sono numerose le patologie associate al fumo di tabacco. La principale è il carcinoma polmonare, la patologia più temuta per chi fuma: provoca circa 30mila morti l’anno. Negli uomini il fumo è responsabile del 91% di tutte le morti per cancro al polmone e nelle donne nel 55% dei casi. Nel corso degli ultimi vent’anni in Italia si è registrata una diminuzione, sia per incidenza che per mortalità, ma solo per gli uomini. Un trend opposto si osserva infatti per le donne (con un’accelerazione dal 1990 per le più giovani). Nel dettaglio la mortalità maschile per tumore polmonare è diminuita di circa il 2,6% mentre quella femminile è aumentata dell’1%.
Nel 2005 sono morte più donne per tumore alla mammella (8.505 decessi) che per tumore al polmone (5.523 decessi). Ma la mortalità per carcinoma polmonare ha superato abbondantemente quella per tumore allo stomaco (3.070 decessi), divenendo la terza causa di morte nell’ambito delle patologie tumorali, dopo mammella e colon-retto. I dati epidemiologici indicano la necessità di formulare azioni di informazione e sensibilizzazione sui danni da fumo di sigaretta, centrate e mirate in modo specifico sulle donne.

Le vendite
In Italia i consumi di sigarette dopo anni di calo sono in aumento. Nel 2006 si è avuto un incremento nelle vendite dell’1,1% rispetto al 2005. I guadagni derivanti dalla vendita di sigarette, sigaretti, trinciati, fiuti e sigari ammontano per il 2006 a 12,5 miliardi di euro.
Vanno di moda i pacchetti da 10. La loro vendita infatti ha fatto registrare rispetto al 2004 un incremento di oltre il 20% a fronte di un decremento dei consumi globali di sigarette. Infatti a scapito di una riduzione complessiva del mercato del 6,1% nel 2005, il segmento è andato contro tendenza aumentando dell’11,6% e ancora del 10,4% nel 2006 contro un incremento dei consumi globali pari a poco più dell’1%. I volumi di vendita del segmento da 10 hanno raggiunto nel 2006 un totale di 5,3 milioni di chili pari al 5,1% del mercato totale delle sigarette.
A ciò si aggiunge il fenomeno delle vendite transfrontaliere, soprattutto tra Italia e Svizzera, Italia e Francia, Italia e Austria, Italia e Slovenia, quest’ultimo decisamente in aumento dopo l’entrata nell’UE della Slovenia (2004): 30 mila kg in più nel 2004 rispetto al 2003 e ben 66 mila in più nel 2005 rispetto al 2004. Anche Internet ha le sue colpe: da un attento esame dei siti web dove è possibile acquistare “stecche”? di sigarette, allettati da favolosi sconti, emerge come i livelli di catrame siano superiori a quelli consentiti in Italia, le immagini dei pacchetti non riportino le avvertenze sanitarie (del tipo “nuoce gravemente alla salute”? e così via), non c’è alcun controllo sull’età dell’acquirente e un pacchetto di Marlboro costa solo 2,50 euro.

Fonte: Istituto Superiore di Sanità - OssFAD

 

 

Il messaggio del Ministro della Salute Livia Turco 

 

La lotta al fumo resta tra le grandi priorità delle politiche di salute del Governo e del Ministero della Salute in particolare.
Come rilevano i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità il fumo è la prima causa di morte facilmente evitabile, responsabile ogni anno della morte di 5 milioni di persone in tutto il mondo per cancro, malattie cardiovascolari e respiratorie.
Nel nostro Paese i fumatori sono più di 11 milioni e la classe di età con il maggior numero di fumatori è quella tra i 25 e i 44 anni, sia per gli uomini che per le donne.
L’attuale normativa italiana per la limitazione del fumo negli ambienti di vita e di lavoro, a tre anni della sua entrata in vigore, presenta un bilancio positivo soprattutto per quanto riguarda la limitazione dei danni per i non fumatori, conseguente ai divieti di fumo nei locali pubblici e negli uffici.
Mentre risultati meno positivi, anche se comunque importanti, sono stati ottenuti nei confronti dei fumatori che, dopo un primo significativo decremento, sembrano però sostanzialmente stabili se non addirittura in ripresa, come ci mostrano alcune indagini demoscopiche recenti.
Di fatto il vizio del fumo permane, pur se sono cambiate le abitudini dei fumatori che sembrano essersi adattati ai nuovi divieti mantenendo però l’attaccamento alla sigaretta. Alcuni dati possono aiutare a comprendere l’evoluzione dell’abitudine al fumo in Italia evidenziando le aree di maggior debolezza dell’iniziativa di prevenzione e contrasto messa in atto dalle Istituzioni.
In Italia si stima (ultimo dato Istat relativo al 2005) che i fumatori siano il 21,7% della popolazione di 14 anni e più. Gli uomini fumano più delle donne (27,5% contro il 16,3%). Prima della legge del 2003 i maschi fumatori erano il 28,7% e le donne il 17,4%. Un calo quindi c’è stato a dimostrazione della capacità dissuasiva della normativa, almeno nella sua fase iniziale. Ma deve far riflettere il fatto che stia aumentando la percentuale di giovani che iniziano a fumare ancor prima dei 14 anni soprattutto tra i maschi (+ 60% tra il 2000 e il 2005).
Un altro indicatore ci aiuta poi a convenire sulla necessità di una ripresa forte delle iniziative di contrasto e soprattutto di prevenzione.
Ed è quello relativo alla percentuale di persone che hanno tentato di smettere di fumare. Se infatti è aumentata del 4% la percentuale dei fumatori tra i 30 e i 59 anni che hanno deciso di smettere dopo la nuova legge, è al contrario diminuita del 3% la volontà di smettere tra i più giovani in età compresa tra i 14 e i 29 anni.
Appare in questo senso opportuno aggiornare la legge del 2003, soprattutto per garantirne una più incisiva applicazione in ambienti particolari e complessi, a partire dal mondo della scuola, come stiamo valutando di fare insieme al Ministro Fioroni.
Dobbiamo quindi rafforzare l’impegno ma anche avviare nuove politiche per “scoraggiare i fumatori”?, che puntino soprattutto sul “convincimento stabile della persona”?. 
Per questo, come Governo, abbiamo voluto dedicare una grande parte del programma interministeriale “Guadagnare salute”? alla lotta contro il fumo, prevedendo delle strategie specifiche di intervento, in particolare per proteggere dal fumo passivo, prevenire l’iniziazione al fumo dei giovani, aiutare i fumatori a smettere.
Ugualmente importante è il recepimento da parte dell’Italia della Convenzione dell’OMS sul controllo del tabacco, attualmente all’esame della Camera, per le forti implicazioni per la salute pubblica e individuale che essa comporta, anche per tutelare i minori. Essa prevede infatti il divieto di vendere sigarette ai minori di 18 anni. Una misura opportuna e giusta che ritengo sia nostro dovere adottare quanto prima.
Ma uguale attenzione va comunque posta verso i fumatori adulti con un più incisivo coinvolgimento dei medici nella promozione e adozione di programmi di dissuasione al fumo Una nuova sfida significativa è in questo senso quella da intraprendere nel mondo del lavoro avviando una vera e propria alleanza contro il fumo, sull’esempio di quanto già attuato in alcune realtà produttive che hanno messo a disposizione dei propri dipendenti specifici programmi di dissuasione al fumo in ambito aziendale.
Importante è anche rivedere la legge 626 del 1994 sulla prevenzione e sicurezza del lavoro, prevedendo di inserire il fumo tra gli elementi nocivi per la salute dei lavoratori (pensiamo a quanto si fa per prevenire il lavoratore dai rischi di una sbagliata esposizione al computer, a fronte del fatto che non si è previsto nulla sui luoghi di lavoro per contrastare il fumo).
Inserendo il fumo tra i fattori di rischio previsti per legge si avrebbe il vantaggio di rendere più facili i controlli nei luoghi di lavoro da parte delle maestranze interne e in ogni caso si testimonierebbe un’attenzione del mondo del lavoro in sé a questa problematica. E’ comunque mia intenzione promuovere una nuova azione concertata di controlli a tappeto sul rispetto delle attuali norme, soprattutto nei locali pubblici, con particolare attenzione agli atri delle stazioni ferroviarie, ai centri commerciali e agli uffici pubblici aperti al pubblico.
Per quanto riguarda le proposte già in discussione per consentire l’accesso ai distributori automatici di sigarette solo tramite una tessera che identifichi l’età del consumatore, evitando così l’acquisto da parte dei minori (attualmente di 16 anni, domani, mi auguro di 18), penso che sia un’iniziativa senz’altro positiva, fermo restando la limitazione dell’apertura dei distributori solo alle ore notturne e non alle 24 ore come proposto da alcuni operatori del settore.
E’ vero, infatti, che essi diventerebbero preclusi ai minori o quantomeno più difficilmente accessibili (anche se in teoria non dobbiamo escludere la possibilità di un uso improprio della tessera), ma resta il fatto che un’apertura 24 ore su 24 dei distributori automatici rappresenterebbe di per sé un allargamento dell’offerta di prodotti riconosciuti dagli stessi produttori come nocivi per la salute.
Come vedete siamo di fronte a un insieme importante di norme e azioni che intendiamo promuovere con tutte le nostre energie e con il massimo coinvolgimento delle Regioni e degli operatori sanitari, ma anche del mondo della scuola, del lavoro, della cultura e dell’informazione.
Rinunciare alle sigarette è possibile, anche se a volte, nonostante la consapevolezza dei danni, è difficile decidere. E’ per questo che vogliamo aiutare i fumatori coinvolgendo anche i medici di famiglia in interventi mirati, prevedendo la rimborsabilità dei farmaci per le fasce di reddito non abbienti, inserendo le attività di prevenzione e cura del tabagismo nei livelli essenziali di assistenza per consentire l’accesso ai servizi in modo gratuito o pagando un semplice ticket.
In occasione della Giornata mondiale senza tabacco quest’anno dedicata agli ambienti senza fumo, voglio ricordare che il nostro Paese rappresenta in Europa e nel mondo un modello a cui si stanno ispirando molti Stati che hanno allo studio normative per la tutela dal fumo passivo. Questo ci sprona ancor di più a proseguire una battaglia culturale che vedrà ulteriori e importanti cambiamenti risolutivi per la salute di tutti i cittadini.

Livia Turco

 

Arriva l’influenza

Wednesday, 24/1/2007

Si chiama Wisconsin ma non e’ lo stato degli Stati Uniti bensi’ il soprannome del virus H3N2 che combinato ai ceppi Nuova Caledonia e Malaysia portera’ in giro l’influenza 2007, detta “l’Americana”. I medici invitano a prevenirlo vaccinandosi e in caso di contagio a combattere il virus con farmaci antivirali e non con gli antibiotici.  “Quella di quest’anno non e’ diversa da quella degli anni passati: i sintomi sono febbre alta, forte mal di testa, difficolta’ respiratorie e dolore diffuso”, ha detto ai giornalisti in sala il prof. Giampiero Carosi, presidente della Societa’ italiana di malattie infettive e tropicali che ha sottolineato come l’influenza sia un fenomeno virale e quindi non vada trattata con antibiotici. “L’antibiotico non va usato per tre motivi: primo non fa nulla perche’ l’influenza e’ un fenomeno virale, secondo possiamo creare delle resistenze ai batteri gia’ presenti nel corpo e se siamo alle prese con una complicazione dell’influenza, come una polmonite, il medico non riesce a capire l’agente scatenante del fenomeno nel paziente”, ha aggiunto Carosi indicando nei vaccini e negli antivirali l’unica soluzione rapida alla sindrome.

L’influenza colpisce ogni anno circa il 10% della popolazione italiana e questo comporta costi ingenti in termini sia di sanita’ nazionale che di produttivita’. L’economista Carlo Lucioni, direttore di Ricerca dell’Istituto di Economia Sanitaria ha presentato alcuni dati sui costi legati alla sindrome virale questa mattina in un convegno a Milano organizzato dalla Societa’ italiana di Medicina generale e da quella di Malattie infettive e tropicali. “Il costo medio dell’influenza per paziente in Italia si aggira attorno ai 330 euro”. A comporre questo dato sono i costi medi diretti legati alle visite, ai ricoveri e ai farmaci (36 euro per paziente) e i costi indiretti generati dalle assenze da scuola e lavoro che ammontato a circa 329 euro per paziente, secondo la ricerca condotta dallo stesso Lucioni. “Nel caso di pazienti a rischio, come gli anziani, sono i costi diretti a incidere di piu’, mediamente 4 volte rispetto a un paziente non a rischio”, sostiene Lucioni che sottolinea come i veri danni siano quelli provocati alla produttivita’ quando a essere colpito e’ un lavoratore “perche’ per la breve durata dell’assenza le aziende non sono capaci di riorganizzarsi”. In Italia le giornate di assenza dal lavoro per episodi di influenza clinicamente diagnosticata sono in media 5, secondo uno studio condotto dai medici di basi. Un dato in linea con l’Europa (in Finlandia sono 4,9, in Francia 4, in Svizzera 4,3) ma che si discosta da quello dei paesi anglosassoni, secondo quanto rilevato da altre ricerche: nel Regno unico sono 2,8 e negli Usa 3,3. (AGI)

In India torna la paura della Polio:oltre 400 casi nel 2006

Friday, 27/10/2006

New Delhi, 24 ott. - In India torna la paura della poliomielite, che nell’ultimo anno ha colpito 416 persone, un quarto dei malati nel mondo. L’allarme e’ stato lanciato dal ministero della Salute dopo che a New Delhi, dove l’incubo della polio era assente da quasi due anni, e’ stato registrato il quarto caso in pochi giorni.
“La situazione e’ molto seria e preoccupante”, hanno fatto sapere dal ministero, specificando che il virus ha colpito soprattutto la provincia settentrionale dell’Uttar Pradesh e si sta diffondendo velocemente nelle aree circostanti. Per far fronte all’emergenza, il governo avviera’, a partire dalla seconda settimana di novembre, una campagna di vaccinazione straordinaria che interessera’ 120 milioni di bambini. Il nuovo allarme polio arriva in un momento in cui le autorita’ sanitarie stanno risolvendo l’emergenza provocata dalla febbre dengue, che da agosto ha fatto non meno di 40 vittime e colpito piu’ di 3.300 persone.
Oltre che in India, la poliomielite e’ ancora endemica in Pakistan, Afghanistan, Europa orientale e Africa. L’infezione virale, che soprattutto nei bambini molto piccoli si puo’ diffondere al midollo spinale provocando la paralisi, si trasmette principalmente attraverso le feci.

La Tv è un efficace analgesico per i bambini

Friday, 18/8/2006

 La televisione come analgesico contro il dolore nei bambini funziona. Lo ha accertato un esperimento condotto su 69 bambini dai sette ai dodici anni, divisi per gruppi, dal dottor Carlo Belleni del dipartimento di neonatologia del policlinico universitario delle Scotte di Siena. Il dolore di un esame, ad esempio un prelievo di sangue, viene superato grazie all’interesse che cartoni animati, in particolare quelli giapponesi, trasmessi da una televisione hanno suscitato nei bambini sottoposti all’esperimento i cui risultati sono stati pubblicati sul British Medical Journal.
“Abbiamo studiato gli effetti della distrazione riguardo il dolore - dichiara all’Agi il dottor Belleni- accertandone la differenza dei livelli quando non c’e’ alcuna distrazione, quando e’ presente la mamma, e quando c’e’ la televisione accesa”. In quest’ultimo caso il livello del dolore e’ risultato piu’ basso perche’ la televisione capta in maniera piu’ efficace l’attenzione dei bambini e genera anche piacere.
Uno stato d’animo che permette di rilasciare degli ormoni, le endorfine che hanno un’azione analgesica naturale per l’organismo umano. Sottolinea inoltre il dottor Belleni che “il nostro cervello ha dei meccanismi per i quali non riesce a mantenere piu’ stimoli contemporaneamente”. Evidentemente gli stimoli piacevoli dei cartoni animati in tv sono superiori a quelli del dolore di una puntura. Puo’ funzionare una tecnica simile anche negli adulti?. Belleni, che da anni si occupa del dolore nei neonati e nei bambini in questo caso non ha certezze: “Bisognerebbe vedere come catturare l’attenzione delle persone adulte”.

Agi

TURCO: LEGGE PER PARTO SICURO E INDOLORE

Friday, 14/7/2006

Diffusione gratuita della pratica dell’epidurale per garantire a tutte le donne un parto indolore. E’ la novita’ piu’ importante di un provvedimento varato oggi dal Consiglio dei ministri su proposta del titolare della Salute, Livia Turco. La normativa, che tende a rendere piu’ sicura e utile per tutte le donne l’assistenza al parto, ha la finalita’, ha spiegato il ministro al termine della riunione, di rendere meno frequente il ricorso al parto cesareo che, specialmente al sud del Paese, ha raggiunto una frequenza del 45,4%. Fra gli altri scopi della normativa spiegati dal ministro una adeguata assistenza ai bambini nei primi mesi di vita, anche con punti di riferimento precisi sul territorio “per affrontare le patologie piu’ complesse dei neonati”, attivando i centri territoriali per l’assistenza ai bambini.
   Importante, ha specificato ancora il titolare della Salute, “rendere gratuiti i livelli essenziali di assistenza, compresa l’epidurale per garantire il parto indolore a tutte le donne”.
   La legge indica i livelli essenziali di assistenza alle partorienti che “avranno valore cogente”, ha assicurato la Turco, con risorse economiche orientate in questa direzione.
   Alle donne che attendono un bambini viene garantire una assistenza preventiva con il “potenziamento della continuita’ assistenziale prima, durante e dopo il parto per evitare anche - ha spiegato - le situazioni di abbandono dei bambini subito dopo la nascita”.

AGI

Via libera dell’europa al vaccino contro le gastroenteriti pediatriche

Thursday, 6/7/2006

il vaccino pentavalente orale contro il rotavirus di Sanofi Pasteur MSD (vaccino contro il rotavirus, vivo, orale), ha ricevuto l’autorizzazione alla messa in commercio da parte dell’Unione europea. Il farmaco, si legge nell’indicazione approvata, ‘’e’ indicato per l’immunizzazione attiva dei neonati, a partire dalla sesta settimana di vita, per la prevenzione delle gastroenteriti dovute alle infezioni da rotavirus'’. Dagli studi clinici emerge che la sua efficacia e’ stata dimostrata contro cinque sierotipi di rotavirus. In Europa RotaTeq e’ l’unico vaccino con un’indicazione di copertura contro le patologie provocate dai 5 tipi di rotavirus predominanti. ‘’La gastroenterite pediatrica da rotavirus e’ una patologia molto comune nei neonati e nei bambini e che puo’ essere grave a causa della sua imprevedibilita’. Infatti, le gastroenteriti acute rappresentano uno dei motivi principali per cui in Europa vengono ricoverati i neonati. Ecco perche’ - aveva dichiarato il professor Pierre van Damme, Medical director del Centro di riferimento per la valutazione delle vaccinazioni per l’OMS presso l’universita’ di Antwerp in Belgio, durante il VII Simposio rotavirus a Lisbona lo scorso 12 giugno - noi ci aspettiamo grandi benefici dalla vaccinazione contro il rotavirus'’. ‘’Tuttavia non sono solo l’evoluzione dei sintomi e la gravita’ della malattia ad essere imprevedibili. Non e’ possibile stabilire neanche quale tipo di rotavirus colpira’ i neonati. Ecco perche’ la vaccinazione dovrebbe offrire la piu’ ampia protezione possibile'’ Nello studio su larga scala ‘Rotavirus Efficacy and Safety Trial REST’ (studio di efficacia e sicurezza della vaccinazione contro rotavirus), RotaTeq ha permesso di prevenire il 98% delle Gastroenteriti pediatriche da Rotavirus (PRG) gravi causate dai tipi di rotavirus G1, G2, G3 e G4. Le ospedalizzazioni correlate e le visite in pronto soccorso si sono ridotte del 94.5%. Inoltre, RotaTeq ha ridotto del 100% anche i ricoveri e le visite al pronto soccorso causate dal rotavirus di tipo G9.

 (AGE)

Sotto processo il medico che denunciò il legame tra il vaccino del morbillo e l’autismo

Monday, 12/6/2006

Andrew Wakefield, il medico che nel 1998 denuncio’ il legame tra il vaccino Mmr (morbillo, parotite, rosolia) e l’autismo finira’ sul banco degli accusati: il General Medical Council britannico ha deciso di metterlo sotto processo per mancanza di etica professionale e la misura, scrive il quotidiano ‘The Independent’, dovrebbe scrivere la parola fine su un dibattito che, da anni, ha risonanza mondiale.
Andrew Wakefiel, il cui studio apparve su ‘Lancet’, e’ accusato di aver pubblicato una ricerca “non adeguatamente fondata”, di aver ottenuto fondi “in maniera sconveniente” e di aver sottoposto bambini a ricerche “non necessarie e invasive”.
Quando apparve sull’autorevole rivista medica britannica, l’articolo scateno’ una vivace polemica che, stando alle statistiche, negli anni successivi sembro’ convincere molti genitori a boicottare il vaccino trivalente e fece calare la percentuale dei bambini immunizzati.
Nel 2004, si scopri’ che, all’epoca in cui compiva la ricerca, Wakefield aveva ricevuto 55.000 dollari dal Legal Aid Board (gli avvocati dei genitori dei bimbi con danni neurologici apparentemente legati all’Mmr) per cercare prove da utilizzare in un’eventuale azione legale contro le industrie farmaceutiche; e ‘Lancet’ lo accuso’ di non aver dichiarato l’eventuale conflitto di interesse che avrebbe potuto influenzare le sue ricerche

Agi

25 anni fa veniva scoperto l’Aids. Unicef e Music Box insieme per dare voce a 15 milioni di orfani

Monday, 5/6/2006

Il 5 giugno 1981 la rivista dei Centri per il Controllo e la Prevenzione delle malattia (Cdc) statunitense pubblico’ il caso di cinque pazienti omosessuali con sintomi di una patologia fino ad allora sconosciuta: l’Aids. Da allora la diffusione di quella che e’ stata chiamata la ‘peste del 2.000′ e’ dilagata.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia delle Nazioni Unite contro l’Aids (Unaids), alla fine del 2005 c’erano 38,6 milioni di persone che convivevano con il virus Hiv.
Nonostante i numerosi passi in avanti nell’accesso di farmaci, l’Oms ritiene che “la risposta alla malattia continui ad essere molto debole”. E i numeri confermano questa affermazione: nel corso del 2005 solo il 9% degli uomini che hanno avuto rapporti con altri uomini avevano ricevuto qualche tipo di informazione sulla prevenzione dell’Hiv. Identica la percentuale per le donne incinte. Non solo: nonostante il 90% dei Paesi abbia una strategia nazionale per combattere l’Aids, i sistemi per applicare queste politiche sono giudicati dall’agenzia Onu contraddittori e i programmi di prevenzione raggiungono solo una minoranza. Inadeguato anche l’aiuto fornito ai 15 milioni di bambini rimasti orfani per colpa dell’infermita’.

Peter Piot, direttore di Unaids, ha detto che il quadro non e’ rassicurante, visto che il virus e’ aumentato in quasi tutti le parti del mondo. “Le epidemie si stanno diversificando e le persone che si contagiano perche’ hanno relazioni sessuali senza protezione e utilizzano acque non disinfettate”. Di qui, l’impegno per i governi: “Per la prima volta, dopo un quarto di secolo dalla scoperta della malattia, il mondo -si legge nel rapporto- ha i mezzi per cominciare a invertire l’evoluzione dell’Aids. Ma il successo dipendera’ da un accordo senza precedenti tra tutti gli attori sociale per dare una risposta coordinata alla malattia e per mantenerla nel corso del tempo”.
Questi gli elementi piu’ significativi dello studio, compilato sulla base dei dati affluiti all’Onu alla fine del 2005. E con il termine ’sieropositivi’ si intendono anche i malati di Aids conclamato, dal momento che lo studio Onu non separa i due dati.

 

I Dati
DIFFUSIONE E MORTALITA’ - Da quando fu scoperto il primo caso, nel 1981, l’Aids ha ucciso piu’ di 25 milioni di persone in tutto il mondo.
- I contagiati dal virus Hiv sono stati invece 65 milioni.
- Attualmente i sieropositivi sono circa 38,6 milioni.
AREE GEOGRAFICHE - L’Africa Sub-sahariana e’ l’area del mondo piu’ colpita, con circa 25 milioni di sieropositivi.
- In Asia i sieropositivi sono 8,3 milioni, di cui 5,7 milioni nella sola India.
- Nell’Europa orientale e nell’Asia centrale i sieropositivi sono 1,5 milioni, compresi i 220mila nuovi contagiati nel 2005.
- In America Latina i sieropositivi sono 1,6 milioni di cui 140mila nuovi contagiati.
-In Medio Oriente i sieropositivi sono 440mila, di cui 64mila nuovi contagiati. Nonostante il tasso sia solo dello 0,1 per cento sul totale della popolazione, l’Aids si sta diffondendo in maniera preoccupanti in diversi paesi tra cui Algeria, Iran, Libia e Marocco.
- Entro il 2015 nei 60 paesi piu’ colpiti dall’Aids avranno 115 milioni di abitanti di quelli che avrebbero avuto senza la malattia.
DURATA MEDIA DELLA VITA - L’aspettativa di vita nell’Africa sub-sahariana e’ oggi di 49,1 anni e anche se nel 2050 arrivera’ a 65,4 anni, sara’ comunque tra 12 e 17 anni in meno che nel resto del mondo.
INFANZIA - In Africa il 9 per cento dei bambini sotto i 15 anni ha perso uno o entrambi i genitori per colpa dell’Aids SICUREZZA - L’Aids e’ talmente diffuso tra i giovani in eta’ di leva da rischiare di compromettere la sicurezza di alcuni paesi. Gia’ oggi Russia, Mozambico, Etiopia e Zimbabwe faticano a trovare reclute in buona salute per le proprie forze armate e polizia.
RIPERCUSSIONI ECONOMICHE -L’Aids sottrae forza lavoro all’economia di molti paesi e innesca cosi’ un circolo vizioso di bassa crescita, poverta’, sottoalimentazione e aumento della mortalita’ infantile

AGI

UNICEF E MUSIC BOX INSIEME PER DAR VOCE A 15 MLN DI ORFANI
Sono arrivati piu’ di 11.000 lavori in un mese, circa 400 lavori al giorno, che hanno evidenziato un grande coinvolgimento del pubblico di Music Box nella campagna ‘’Uniti per i bambini, Uniti contro l’AIDS’ nell’ambito della quale l’emittente sta sostenendo l’UNICEF . E proprio oggi sono stati resi noti i vincitori dell’iniziativa - concorso ‘Urla per i 15 milioni di orfani dell’AIDS’ sul dramma dei milioni di bambini resi orfani da questa spaventosa malattia che prevede di devolvere all’Unicef il ricavato di tutti gli sms che i telespettatori inviano per scegliere il loro videoclip preferito in tempo reale; anche gli investitori del canale, da sempre attenti alle iniziative speciali di Music Box, hanno la possibilita’ di acquistare un quantitativo di spot a tariffa agevolata all’interno del progetto e contribuire cosi’ alla campagna UNICEF.
Ogni minuto - ricorda l’organizzazione delle Nazioni Unite - un bambino muore per cause correlate all’HIV/AIDS, e quattro nuovi contagi avvengono fra adolescenti di eta’ inferiore ai 15 anni. E sono oltre 15 milioni i bambini nel mondo che hanno perduto uno o entrambi i genitori a causa della malattia.
L’iniziativa ha coinvolto spettatori di tutte le eta’, sia maschi che femmine, dai dieci ai 30 anni: a testimonianza che l’AIDS e’ un tema capace di suscitare l’interesse di tutti i ragazzi, naturalmente in maniera diversa. Guidati da insegnanti e professori com’e’ il caso di Valerio Bruno di 11 anni e di Maria Artone di 14 anni, studenti di scuola media, o come Ilaria Paoli e Maurizia Cocchi che hanno deciso di ‘urlare’ per gli orfani dell’AIDS a loro, un urlo ’solitario’ma non per questo meno forte. Nella categoria testi il 40% sono state poesie, segno che i ragazzi stanno riscoprendo questa forma di comunicazione per esprimersi.
Rispetto a foto e testi, sono stati inviati meno disegni (20%): categoria scelta prevalentemente dai ragazzi delle scuole medie, a conferma che il disegno e’ una forma espressiva che i ragazzi tendono ad abbandonare superata l’eta’ dell’adolescenza.
E dunque: Ilaria Paoli, 21 anni, Isola D’Elba (LI)- categoria disegni, Maurizia Cocchi, 32 anni, Bologna - categoria foto, Valerio Bruno, 11 anni, Cosenza - categoria foto, Maria Artone, 14 anni, Vieste (FG) - categoria messaggi sono i vincitori ufficiali del concorso, con il quale Music Box, dal 10 aprile scorso ha chiesto ai suoi telespettatori di dare voce ai bambini orfani dell’AIDS attraverso la realizzazione di messaggi, disegni, foto e videoclip.
Un volto amato ed affermato tra il pubblico dei giovani e’ stato il simbolo del concorso: Dolcenera ha infatti prestato la sua presenza per essere la testimonal dello spot che Music Box manda in onda per l’occasione. Ed e’ proprio un urlo vero, quello di Dolcenera, ad aprire lo spot, seguito da un invito forte, contagioso fatto dalla cantante ai telespettatori di Music Box : ‘ E adesso urla anche tu per i 15 milioni di organi dell’AIDS’.
Dolcenera sara’ ancora la protagonista di un nuovo video legato all’iniziativa, mentre i 4 vincitori del concorso verranno ufficialmente insigniti del titolo di ‘Volti di Music Box per l’UNICEF’ nel corso di un grande concerto. Un premio fortemente simbolico.

Asca

 
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